venerdì 25 giugno 2010

Il paese di Monetario

Il trenino sfuggì a Paolo all'improvviso e scivolò lungo la discesa fino ad incontrare il muro in un impatto rumoroso. È normale a 4 anni avere verso gli oggetti un'involontaria irresponsabilità; tuttavia perdonarla era risultato troppo difficile per Claudio che di anni ne aveva 6 e aveva ricevuto soltanto il giorno prima in dono quel trenino rimasto immobile e purtroppo irreparabile. Claudio, arrabbiatissimo, desiderò che Paolo non potesse continuare a giocare con i "suoi" giochi e chiese ai genitori una giusta punizione per il reo. Non andò così, anzi fu stabilito che i giocattoli erano in condivisione: semplicemente a Paolo fu raccomandato di stare più attento a non farli rotolare giù lungo la discesa. Claudio, in aperto dissenso contro questa ingiustizia, scoppiò in lacrime e si rinchiuse in camera.
Dopo pranzo, asciugatesi le lacrime del mattino, il padre di Claudio portò i due bambini allo stadio. L'ennesima vittoria di Belbo e compagni li rallegrò moltissimo e così, bramando altre emozioni, i bimbi chiesero e ottennero di visitare il museo della squadra. All'interno le sale erano grandi e numerose per riuscire a raccontare la lunga storia della società, tuttavia i tifosi della Nana erano soliti soffermarsi a lungo per conversare soprattutto davanti alla fotografia di Belbo e dell'allenatore Carli esultanti dopo un goal, una foto risalente a qualche mese prima. Claudio si sorprese di questo diffuso interesse e ne domandò la ragione al padre, che iniziò: - Volete quindi sapere che cosa successe quando Belbo e Carli giocavano assieme?
Erano trascorsi quasi tre anni dal giorno che aveva definitivamente segnato il destino della coppia Belbo-Carli. Quest'ultimo, 32enne ed una carriera di alti e bassi, stava attraversando un periodo decisamente positivo: nelle precedenti venti gare disputate durante la stagione aveva realizzato già 15 reti. Belbo era l'altra punta della squadra, spiccava per i suoi 24 anni ed una crescita di risultati che stava confermando doti e ambizioni gara dopo gara. Per entrambi la ventunesima giornata era una gara importante perchè sarebbero seguite alcune amichevoli di preparazione ai mondiali ed il commissario tecnico non aveva ancora sciolto i dubbi su chi avrebbe composto il gruppo. Si giocava il settantaquattresimo minuto, con il risutato fermo sullo 0-0, quando Carli sbagliò un goal facile su passaggio di Belbo. Il giorno dopo si discusse più del clamoroso errore di Carli (i suoi sostenitori sostennero che Belbo avesse impresso al passaggio un effetto tale da imprimere una traiettoria completamente sbilenca al successivo tiro di Carli e impedirgli di realizzare il goal vittoria) piuttosto che del goal che cinque minuti dopo Belbo realizzò, conquistando definitivamente il favore dei giornalisti e la fiducia del commissario tecnico per giocare i mondiali. Carli ne restò fuori.A fine stagione Carli chiuse la carriera di giocatore e iniziò ad allenare la primavera della Nana, appassionandosi sempre di più al ruolo e trovando enormi soddisfazioni sia nei ragazzi allenati sia nei risultati. Fu una felice gavetta fino a quando due stagioni dopo l'allenatore della prima squadra si ritirò dal calcio e Carli fu designato per sostituirlo. I primi tempi furono difficili perchè al contrario della precedente esperienza Carli trovò difficoltà nel gestire gli uomini a disposizione: i litigi tra chi scendeva in campo e chi andava in panchina si ravvivavano ad ogni allenamento e la squadra giocava contratta e diffidente, esprimendo poche idee quando era in possesso di palla. A questi problemi si sommava il rapporto tra Belbo e Carli, una relazione assai fredda acuita dal fatto che Carli aveva cambiato la posizione in campo di Belbo e questi non aveva gradito.
Prima della decima giornata la situazione era decisamente critica per Carli e la squadra, l'uno rischiava l'esonero e l'altra di sprofondare in classifica. Carli, incerto su come risolvere i problemi ma deciso a tentarvi in qualche modo, poche ore prima dell'inizio della partita prese la decisione di pranzare da solo con Belbo invece che con il resto della squadra. Chiese a Belbo spiegazioni sul suo rendimento, decisamente inferiore alle annate precedenti. Belbo rispose duro: - So benissimo che ti stai vendicando per quel mio passaggio di tre anni fa, facendomi giocare così arretrato. Vuoi stroncarmi la carriera per vendetta!
Carli allora comprese: chiarì che non aveva alcun proposito di vendetta, che quell'episodio era acqua passata e provò a spiegare a Belbo i movimenti che desiderava da lui e per i quali aveva deciso di arretrargli la posizione in campo. Belbo, non più accecato dai pregiudizi, acquistò fiducia in quel suo vecchio compagno - allenatore e scese in campo con un'autentica voglia di giocare, trascinando la squadra alla vittoria. Nelle giornate successive Belbo assunse anche il ruolo di uomo spogliatoio, capace di appianare le divergenze, assicurando così a mister Carli un gruppo di giocatori unito al suo interno.
Per la Nana si aprì un ciclo di monotone vittorie. Belbo mostrava sempre perplessità ai giornalisti quando gli veniva chiesto un parere sulle decisioni tecniche e tattiche di Carli, tuttavia sostenne e collaborò con Carli incessantemente. Non era affatto un risarcimento per quella scorrettezza pre-mondiale, semplicemente Belbo era motivato ad avere Carli come allenatore perchè questi si era dimostrato un'ottima persona, capace di fuggire le vendette. In un mondo così competitivo e spietato come quello del calcio, la squadra e la sua carriera si sarebbero sicuramente giovate dall'avere come guida una persona di tale statura morale, fonte di armonia nei rapporti interni alla squadra. E di risultati, poichè le vittorie della Nana erano più comuni della sabbia nel deserto. E la sua fama cresceva quanto quella di Carli, nel paese di Monetario.
Dopo questo racconto, il padre aveva sperato che Claudio smettesse di serbare rancore verso Paolo per via del giocattolo e si ispirasse invece all'esempio di Carli e Belbo. La sorte del trenino fu presto dimenticata.

Purtroppo Claudio scordò in fretta anche la lezione. Aveva circa 14 anni quando un giorno a scuola passò la soluzione ad un compagno durante un compito. Il professore non si accorse di nulla, ma alla riconsegna dei compiti corretti scoprì che un compagno, Marcello, aveva informato il professore del biglietto e Claudio si ritrovò con un'insufficienza grave e tanta rabbia verso il delatore.
Claudio si confidò con il padre cercando istintivamente un appoggio, un alleato per i suoi maliziosi propositi. Questi allora provò a suggerire al figlio come avrebbe potuto comportarsi, raccontando un episodio di cui era stato testimone tempo prima. Un paio di colleghi, Luca e Vincenzo, che si conoscevano da tempo per via di amicizie in comune, avevano concorso con i rispettivi studi per l'assegnazione di una commessa. Pur essendo avversari e nonostante non avessero mai lavorato assieme, tra loro regnava un clima di fiducia e rispetto professionale, per cui si accordarono per confrontarsi su alcuni dettagli del progetto mentre su altri avrebbero mantenuto un rispettivo riserbo. Luca tuttavia, tradì la fiducia: spiò il progetto di Vincenzo e si procurò le informazioni necessarie ad assicurarsi la commessa.
Vincenzo scoprì tutto, ma sapeva che Luca aveva parecchi problemi finanziari e come per lui fosse stato fondamentale aggiudicarsi quella gara d'appalto. Per questo, pur essendo parecchio addolorato dal comportamento di Luca, con molta serenità e tranquillità d'animo non aveva preso nessuna precauzione per tenere nascoste le carte del progetto prima e non serbava rancore a Luca dopo la gara. Luca intuì di essere stato scoperto e apprezzò molto questo comportamento: così l'anno dopo, avendo continuato a frequentare Vincenzo e avendo scoperto giorno dopo giorno con quanta passione Vincenzo si dedicasse alla realizzazione di tutti i suoi progetti, decise di chiedere a Vincenzo di lavorare in società. La proposta giunse completamente inaspettata, sia perchè arrivava nel momento in cui Luca aveva superato le difficoltà economiche e aveva creato un gruppo solido capace di procurarsi importanti commesse e generare forti utili (derivati appunto dagli affari conclusi che erano seguiti a quella prima commessa); sia perchè la scelta di diventare socio di Vincenzo avrebbe comportato inevitabilmente l'adozione di una politica che anteponeva gli interessi dei committenti a quelli di coloro che si aggiudicavano gli appalti, come Luca e Vincenzo. Il quale fu veramente felice di accettare un'offerta tanto generosa, che l'avrebbe aiutato ad affermasi professionalmente in quella che era la più grande passione della sua vita.
Il padre di Claudio sperò che il figlio comprendesse quanta serenità potessero dare scelte come quella di Luca e Vincenzo. Eppure Claudio non si sforzò di capire e interruppe i contatti con Marcello, preferendo restare inconsapevole dei motivi che avevano spinto il compagno alla delazione.
Molti anni dopo Claudio e la sua ragazza, Serena, stavano passeggiando per le vie del centro storico quando Claudio fu raggiunto da una secchiata di pomodori marci. A compiere il gesto era stato un compagno di università, che non tollerava la storia tra Claudio e Serena. Claudio non era ancora giunto a casa per ripulirsi che già progettava una vendetta. Serena allora provò a calmarlo raccontandogli una vicenda che risaliva a qualche anno prima: - Una mia compagna di classe aveva invitato mezza scuola alla sua festa dei 16 anni. Per me quella festa rappresentava un evento, un'occasione che avrebbe potuto condizionare la mia vita. Per me era importante essere bellissima, perciò mi misi alla ricerca del vestito più bello che la città potesse offrire.
Serena continuò: -Anche durante gli intervalli tra le lezioni i vestiti erano l’unico argomento di discussione tra le ragazze, così un giorno ascoltai per caso Emanuela, una delle nostre compagne, dire con entusiasmo di aver trovato un vestito veramente glamour in un negozio, di averlo già provato e che quel pomeriggio stesso sarebbe andata ad acquistarlo. All'uscita da scuola mi precipitai al negozio, individuai subito il vestito di cui si era parlato (era impossibile confonderlo con altri tanto era appariscente) e lo comprai. Uscii dal negozio con un sorriso tanto solare quanto tristi erano le lacrime di Emanuela, che ovviamente non avrebbe mai potuto indossare un abito uguale a quello di un'altra invitata.
In ogni caso quelle furono le uniche lacrime che vidi scorrere sul suo viso: da come parlammo alla festa sentii veramente che per lei l’amicizia era più importante di qualsiasi scorrettezza. Il confronto con lei levò dai miei occhi quel velo di egoismo che mi aveva accecato e mi resi conto di ciò che avevo fatto. Quando un paio di anni dopo, alla vigilia della festa di fine anno, Emanuela ed io andammo assieme in un negozio ancora più caro di quello in cui eravamo state due anni prima, ebbi l'occasione di dimostrare ad Emanuela l'apprezzamento verso la sua filosofia di vita e di fiducia nelle persone: le prestai i soldi per comperare uno dei vestiti più belli del negozio e anche della festa. Che è poi proprio quella dove ci siamo conosciuti noi due, Claudio, nonostante io non avessi poi potuto permettermi un buon abito.
Claudio non disse a Serena che aveva notato Emanuela col quel vestito divino alla festa, che aveva deciso di approcciare lei ma qualcun altro era stato più veloce. Non disse a Serena che (solo per quella sera) era stata una seconda scelta. In ogni caso, forse per il fatto che la storia che aveva ascoltato vedeva protagonista una persona vicina, Claudio comprese finalmente quale fosse la filosofia dominante nel paese di Monetario e quanto il perdono e la condivisione fossero importanti per la vita in qualsiasi comunità.

La collezione di monete

Spero in una vita piacevole perché vissuta in armonia con le persone intorno a me e conto di poter aiutare me stesso e altri a creare relazioni piacevoli. Potrebbe sembrare l’ennesimo sogno utopico, in realtà alcune esperienze vissute infondono fiducia e consapevolezza: la strada che porta a conseguire il suddetto obiettivo esiste ed è facilmente individuabile. Proverò a seguire un filo logico per illustrare insegnamenti che ho imparato e che possono tornare utili.

Casi concreti

Mi ricordo di quando da piccolo assaggiai il mio primo gelato al fiordilatte: subito ne desiderai un secondo. Successe anche quando provai pane e zucchero, il cioccolato, … Le sensazioni al primo assaggio erano state gustosissime ed era stato facile capire che per provarle di nuovo avrei dovuto semplicemente assaggiare ancora quei cibi.
Ricordo un altro episodio in cui un bambino, stanco di giocare con il mio trattore, lo scagliò via rompendolo: mi apparve un gesto talmente cattivo che desiderai immediatamente rompere uno dei suoi giocattoli.
In tenera età tutto era molto semplice: ripercorrevo i passi che sapevo mi avrebbero portato ad assaporare un’esperienza positiva; al contrario se qualcosa comportava conseguenze negative sentivo il desiderio di procurare altrettanta negatività, come se ci fosse un conto da saldare.
Ultimamente mi sono chiesto: crescendo il mio comportamento è cambiato?
Ho dedicato poco tempo allo studio della fisica, per cui quando ho letto o ascoltato qualcosa di correlato alla materia i risultati a livello di comprensione sono stati poco buoni. Al contrario, mi è costato parecchi sacrifici imparare l'Inglese, ma le occasioni in cui ho sfruttato la conoscenza della lingua hanno abbondantemente ripagato i miei sforzi. Tutto ciò si è verificato come se anche nel campo dello studio vale la regola che ad un’azione positiva (ossia il profondere impegno) corrisponde una risposta positiva (un risultato vantaggioso), e quindi il contrario.
In passato ho trascorso poco tempo a conoscere le personalità del mondo politico locale e nazionale: se poi ho dissentito dalle decisioni prese dalle persone a cui ho dato il voto ho da rimproverare solo la mia scarsa conoscenza dei candidati. Ho constatato invece come sono rimasto soddisfatto a posteriori della mia decisione di voto quando il mio orientamento era supportato dalla conoscenza dei candidati
Lo stipendio che percepisco è basso da diversi punti di vista, vedo questo come un segno che i miei datori di lavoro hanno poca fiducia in me (ed in generale nei suoi dipendenti). Ho visto intorno a me invece casi dove stipendi più alti hanno incrementato sia la fiducia e la fedeltà all’azienda sia la produttività, con effetti positivi sia per il datore di lavoro che per il dipendente. Un aumento di stipendio, ossia un’azione positiva, può generare una risposta positiva da parte del dipendente.
Nei (rari) periodi in cui ho smesso di credere in me stesso tendevo ad abbattermi alla minima difficoltà, perché ero io il primo a intraprendere un’azione negativa, quella di sfiduciarmi: naturalmente qualsiasi avvenimento sembrava ai miei occhi assumere una connotazione altrettanto negativa, come se fossi perseguitato da una nuvola nera. Nei momenti in cui mi sento sicuro ogni difficoltà è invece l’occasione per dimostrare il mio valore, perciò tutto ciò che accade (anche l’insorgere di problemi) assume una connotazione positiva, perché sono io ad assumere quest’ottica.
Che dire di altre situazioni maggiormente codificate che riscontro intorno a me?
Ho visto un figlio che aveva riportato un bel voto a scuola e dal padre era stato premiato. Ho visto un bambino disubbidire alla madre e scottarsi con dell'acqua calda: fu punito dai genitori. Se fosse mancato il premio o la punizione, qualcosa dentro di me avrebbe avvertito un senso generico di ingiustizia, perché in qualche modo sembra esistere una legge innata che determina la necessità di una corrispondenza tra azione (positiva o negativa) e risposta (che deve essere di ugual segno).
Oppure, ho notato più di una squadra di calcio perdere continuamente nei periodi in cui qualche giocatore rema contro o qualche evento esterno turba la serenità dell’ambiente e la stessa squadra improvvisamente vincere tutte le partite nel momento in cui inizia a giocare unita o con più fiducia: non per niente si dice che le partite si vincono o perdono in base all’atteggiamento, convinto o meno, con cui le squadre scendono in campo.
Infine, non avete mai visto un avaro che risponde con grande altruismo ad un semplice gesto di generosità ed una persona di grande umanità ignorare chi si è comportato da egoista?

Deduzioni

Da bambino operavo scelte in base alla conseguenza che prevedevo ne sarebbe scaturita in risposta, o in reazione a ciò che mi accadeva nel bene o nel male. Lo stesso comportamento assumo spesso da adulto e mi sembra che tutto attorno a me segua questa regola, sia le altre persone che i fatti che si verificano (anche se apparentemente slegati o non direttamente collegati ad una scelta umana). Allora mi chiedo: cosa spinge tutti e tutto ad accordarsi a questo principio? È così conveniente agire secondo questa norma?
Vedo tanti ripagare con la stessa moneta che ricevono. Forse perché spesso è l’unica che hanno a disposizione. Se penso alle situazioni che mi sono capitate durante la giornata allora posso intravedere chiaramente in parecchi casi questo tipo di comportamento che avevo da bambino. Al contrario rimango inconsciamente stupito nel caso in cui la “Regola” non è osservata, ad esempio quando accade qualcosa di brutto e la sento immeritata (come un terremoto).
Ma allora sono solo un robot che si comporta in maniera positiva o negativa sulla base della risposta prevista o ricevuta in precedenza? Mi adeguo acriticamente a questa norma predominante? Mi comporto come un bambino senza cambiare mai, senza crescere?

La (mia) soluzione

A volte sì. Tuttavia so che dipende da me. Sono dotato del libero arbitrio, dono che mi permette di comportarmi in modo diverso dal semplice "ricambiare con la stessa moneta" o dal simile "non fare agli altri ciò che non desideri sia fatto a te".
Mi è capitato di essere stato offeso, di appurare che erano state dette delle falsità sul mio conto, che non mi fossero restituiti soldi che avevo imprestato. Troncare i rapporti oppure comportarmi altrettanto slealmente avrebbe significato inquinare ancora di più le relazioni sociali attorno a me. Ho preferito invece porgere l'altra guancia e accordare ancora fiducia a quelle stesse persone. Perchè?
Da tempo ho trovato una mia risposta a questo interrogativo. È facile pensare che il compiere azioni positive è un atteggiamento che ripaga ampiamente: l'altra persona, sentendosi in difetto, decide di sdebitarsi; oppure, dopo aver ricevuto un atto di generosità, decide di rispettare la regola del "do ut des"; oppure semplicemente ripaga con la stessa moneta d'oro che ha ricevuto. Tuttavia non sono un calcolatore che si aspetta di ricevere dagli altri, semplicemente il mio è un atteggiamento che mi fa star bene e che crea un clima positivo nelle persone accanto a me. Incrementa la qualità della mia vita, anche in assenza di "risarcimenti" o premi. E questo ha reso la mia vita felice in maniera permanente, non effimera.
All'inizio è uno sforzo tenere a disposizione tante monete con cui ricambiare le azioni degli altri esseri umani. Poi viene naturale avere la sacca piena (che pesa sempre meno nonostante le monete aumentino di valore e numero) e cercare, con il mio libero arbitrio, di usare le monete sapientemente: l’obiettivo è instaurare circoli viziosi positivi (a cui si può arrivare in parecchi modi, qualche volta anche punendo chi si è comportato male. Il carcere ad esempio serve a questo. Non sto affermando che bisogna sempre ripagare con la moneta d’oro, qualche volta quella di latta è più appropriata!).
Le persone possono cambiare. Questa convinzione spiega sia perchè mi piace usare monete di valore anche con chi sbaglia sia perché quest’atteggiamento ispira positività. Penso di trasmettere l’idea che una persona può essere migliore di quanto sia stata fino a ieri, che non ripeterà un gesto negativo, che una persona merita comunque di essere amata anche se ogni tanto si comporta male. È assai spiacevole per una persona essere penalizzata o marchiata a vita per un gesto, è assai stimolante invece trasmettere fiducia.

Conclusioni

Ho scritto in prima persona, portando me stesso come esempio, per una semplice ragione: potrai capire che ciò che ho detto deriva dalla mia esperienza e che ti parlo sinceramente.
Scrivo in prima persona, tuttavia spero che ti sia immedesimato in un più di una situazione: proprio per questo ho esagerato con gli esempi, per permetterti di capire la chiave di lettura che sto dando. Il mio compito è di trasmetterla in modo chiaro, il tuo quello di decidere se condividerla o respingerla.
Scrivo in prima persona, ma l'azione di scrivere significa che ciò che ho raccontato e l'idea che ho espresso vale per tutti gli esseri umani. Altrimenti avrei evitato di raccontarla.
Ho scritto perché spero che ti accorga di questo meccanismo/principio, che prescrive di ripagare gli altri con la stessa moneta (sia essa d'oro o di latta), e possa decidere con maggior consapevolezza se assecondarlo oppure decidere di non applicarlo. Spero che il fine che questa maggior consapevolezza può portare a perseguire (il non essere l'esecutore inconsapevole di un principio universale ma un individuo in grado di padroneggiare intelligentemente le proprie azioni consapevole delle conseguenze non immediate ma di lungo corso) sia la pace tra gli uomini: pace che significa sia evitare le guerre, sia convivere in armonia perdonando gli errori e accordando generosamente fiducia, per una reciproca soddisfazione.

Bibliografia

Laszlo Mero
Calcoli morali
Teoria dei giochi, logica e fragilità umana